Una Biennale che si preannuncia articolata, con tematiche che risuonano particolarmente attuali in questo momento storico: a cura di Cecilia Alemanni, Il latte dei sogni, titolo di un libro di favole di Leonora Carrington, racconta di un mondo magico che sembra avere affinità con il presente, almeno da quello che si è potuto percepire dalle parole della curatrice.
L’artista surrealista Leonora Carrington (1917-2011) ha descritto un mondo nel quale è possibile reiventarsi, attraverso il dono dell’immaginazione, per trasformarsi e diventare altro da sé, in un continuo definirsi dell’essere umano.
Organizzata durante la pandemia, in un momento di forte incertezza e instabilità, ha preso vita questa Biennale che si preannuncia stimolante e che è stata posticipata di un anno, fatto che dalla prima edizione del 1895 si era verificato soltanto durante la Prima e Seconda guerra mondiale.
213 gli artisti invitati provenienti da 58 nazioni, 26 gli artisti italiani, 180 artisti alla prima partecipazione, 1433 le opere esposte, 80 le nuove produzioni, e una grande partecipazione di donne artiste.
Dalle conversazioni tra Cecilia Alemanni e gli artisti sono emerse domande che evocano non solo questo momento storico, ma anche questioni inerenti la scienza e la tecnologia, l’arte, i miti del tempo. Come sta cambiando la definizione di umano? Quali le responsabilità nei confronti dei nostri simili e il rispetto alle altre forme di vita e del pianeta che ci ospita? E la differenza tra umano e non umano?
Da questi interrogativi sono state organizzate tre aree tematiche: la rappresentazione dei corpi e la loro metamorfosi; la relazione tra gli individui e la tecnologia; i legami che si intrecciano tra i corpi e la terra.
Altre cinque mostre tematiche, di carattere storico, sono state concepite come capsule del tempo, piccole esposizioni allestite lungo il percorso espositivo.
Gli artisti invitati provengono da contesti molto diversi, riflettendo un panorama internazionale di forte creatività. L’arte contemporanea è un linguaggio da apprendere perché composta di segni e codici, un linguaggio enigmatico che condensa, però, percezioni sul presente e sul futuro prossimo.
Da qui le considerazioni della curatrice sui lavori realizzati dagli artisti, che paiono incentrati sulla fine dell’antropocentrismo per celebrare, invece, una nuova alleanza con il non-umano, l’animale e la Terra, riscoprire saggezze indigene e mitologie perdute, per andare incontro a un “re-incantesimo del mondo”.
Venezia (Giardini e Arsenale) 23 aprile-27 novembre 2022