Una performance in solitudine
Incontro a Stromboli con Elvira, arrivata qui negli anni Settanta. Casa sul mare, giardino con frutteto e orto; parlarle è un piacere, per la sua saggezza e per ciò che riesce a trasmettere. E’ riuscita a fare l’artista in un’isola lontana da tutto, in una ricerca in solitudine che è anche spirituale, aspetto che è a fondamento del suo fare arte perchè favorisce la risposta ai grandi quesiti della vita.
Il suo lavoro nasce da riflessioni sul fare quotidiano: attraverso la ripresa di pratiche oggi perse ne recupera aspetto rituale. Nel video sgrana semi di rucola che poi seminerà, un lavoro sul seme e sulla vita che si rigenera, tutto imperniato sulla natura.
Definisce l’artista come essere dotato di una forte visionarietà – racconta durante la conversazione – e parla di ghiandola pineale, o terzo occhio, che tutti abbiamo, ma che solo alcuni utilizzano per guardare più lontano. Spiega come è l’artista, come riesce a captare la realtà, del suo mondo interiore.
Alla mostra a Milano di Marina Abramovic, negli spazi di Lia Rumma, è arrivata con due enormi zucche di 25 kg: l’installazione dell’Abramovic era sulla natura, sul grano, e lei ha sentito di contribuire con una installazione dedicata a questo ultimo frutto di stagione, che aiuta durante i mesi freddi.
Colpita da un’opera di Klimt con un piccolo cuore, ne ha colto il messaggio: la sua abitazione è piena di dettagli a cuore (ci sono cuori anche dal molo ad indicare il percorso per arrivare alla sua casa).
Sull’isola la chiamano “Madre” oppure “Art director di Stromboli”.