luca caccioni

Sull’anima delle immagini

Il suo studio è a Bologna, in pieno centro, non distante dall’Accademia.

Andare in studio è un atto rituale, come se all’interno di questo spazio ci fosse sempre in atto una ricerca.

Non ama le etichette, il sentirsi definire “pittore”, perché l’artista utilizza più mezzi con i quali esprimersi. Ai suoi allievi dell’Accademia insegna a costruirsi una identità artistica, per assecondare una loro personale poetica del fare arte.

A Luca Caccioni interessa l’aspetto vero delle immagini, ricerca che persegue da tempo, a partire dalle opere realizzate con pellicole trasparenti come gli acetati, l’uso dei teloni da camion, fino ai grandi formati dei fondali teatrali ottocenteschi che utilizza per il ciclo delle Lotofagie, lavori ai quali si dedica da alcuni anni, ispirato da un racconto dell’Odissea.

I Lotofagi accolsero Ulisse e i suoi uomini dopo nove giorni di viaggio, offrendo loro il dolce frutto del loto, cibo che portava all’oblio.

Nelle Lotofagie Caccioni utilizza come supporto le carte teatrali ottocentesche, che già recano impressi echi di storie, e su queste opera con velature e trasparenze – con pigmenti e olio di papavero – per arrivare all’essenza di forme, immagini e concetti.

Nell’incontro in studio racconta della sua passione per gli oggetti, del suo lavoro incentrato sulla ricerca dell’anima delle immagini, della vita dell’artista, che oscilla tra entusiasmo e ansie.

Letture: Simmel, Il volto e il ritratto

Pontormo, Il diario mio

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